Una volta si preparavano le schede perforate, poi sono arrivati i linguaggi di programmazione di vario livello e infine gli ambienti di sviluppo visuali dove gran parte del lavoro lo facevi con il mouse.
Adesso siamo ostaggi dei nerd che passano la giornata a battere furiosamente e ossessivamente sulla tastiera anche se devono semplicemente dare l’ok su una scelta.
Siamo arrivati al paradosso di sistemi visuali che servono solo a scrivere codice; allora a che serve “visual”?
Continuano ad uscire nuovi linguaggi di programmazione che in pratica fanno la stessa cosa degli
altri ma solo con una sintassi leggermente diversa ma più cool.
E la tendenza sembra destinata a continuare visto che esistono motti come “code is poetry”.
Esistono addirittura manifestazioni che inneggiano alla “gioia di scrivere codice”.
Siamo arrivati al punto che per ogni dato che bisogna trattare bisogna scrivere una classe apposita; ma non è che torniamo alle schede perforate?
Dal punto di vista della gestione dei progetti significa sempre più essere dipendenti dalla singola persona, e non dal ruolo, perché il codice è tornato ad essere una cosa molto personale.
Se poi aggiungiamo la filosofia Agile che viene interpretata come un “facciamo quello che ci pare” si spiega come mai i sistemi in circolazioni sono pieni di bug e falle di sicurezza.
Se la complessità dei sistemi di oggi richiede maggiori specializzazioni rispetto ad una volta è anche vero che stiamo andando verso una assurda frammentazione delle competenze; un programmatore che sviluppa un’applicazione per un panificio probabilmente non sarà in grado di svilupparne una per l’erboristeria.
Tutto ciò è un bene o ci stiamo inviluppando?