Ci fu un tempo in cui un tale (Tim O’Reilly) spiegò quale sarebbe stata l’evoluzione del web e la chiamò web 2.0.
Da una situazione in cui i siti erano perlopiù costituiti da pagine statiche si passava ad un coinvolgimento degli utenti di Internet nella costruzione dei contenuti (vedi Wikipedia).
I più grandi produttori di software hanno subito e furbescamente capito il vantaggio e hanno inventato, ma senza dirlo a nessuno, l’Assistenza 2.0.
Invece di sbattersi per progettare bene i prodotti software e provarli (testarli) per benino prima di metterli in circolazione, si sono detti: “mettiamoli così come sono sul mercato e aspettiamo che la comunità di utenti faccia tutte le prove e i test del caso e con i feedback capiamo cosa dobbiamo fare”.
E avevano ragione perché molta gente, che evidentemente non ha di meglio da fare, passa tutto il tempo a sbattersi (al posto del produttore) per risolvere gratuitamente i problemi generati da altri.
Tutto molto bello peccato che questo approccio ha portato via via la comunità di sviluppatori a ridurre la qualità spostando i problemi sugli utenti.
Il risultato finale è che oggi non esiste sistema operativo che non sia pieno di bug funzionali e di sicurezza.
Nessuna casa produttrice di hardware riesce più a scrivere un semplice driver senza che vada in crash il pc a volte con conseguenze gravi (re-installazione di tutto il sistema).
Addirittura è da considerare un plus se il produttore di un sistema mette a disposizione un sito web con i report dei bug trovati; invece di vergognarsi.
Sembra quasi che ci sia la volontà di creare prodotti ‘bacati’ per stimolare l’interesse degli utenti con la sindrome dell’hacker e generare attenzione sul prodotto stesso.
Per non parlare delle applicazioni business che ormai sono fatte con i piedi senza una minima visione d’insieme delle esigenze ma specializzata su singole funzioni aziendali in attesa … di feedback.
Un giorno un tizio disse: torniamo all’antico, faremo un progresso… quasi quasi aveva ragione.