Idiozia Artificiale

Un servizio di analisi dei documenti di Google Drive è in grado di informarti se i documenti condivisi con utenti esterni all’organizzazione contengono dati sensibili e quindi comportano un rischio per la privacy.
In sostanza un algoritmo riceve in input il contenuto dei documenti; se trova parole che corrispondono ai criteri di ricerca segnala il rischio.
In altre parole, se un documento contiene un indirizzo email esemplificativo come “paperino@paperopoli.gov” (vedi un manuale utente) accende la spia.
Questo è un esempio di funzionamento dell’idiozia artificiale e di cosa ci dobbiamo aspettare nel prossimo futuro, cioè adesso.
Un’algocrazia che deciderà cosa va bene e cosa no senza però che nessuno si ponga la domanda se l’algoritmo sia fatto bene o no e se sia in linea con l’evoluzione di situazioni, persone e cose.
O se, peggio, i prerequisiti, l’analisi e l’origine dei dati sia stati pensati e progettati bene.
È per questo che si chiama Idiozia Artificiale.
Se la massima aspirazione dell’uomo è quella di finire in un sistema tipo ‘Matrix’ per vivere una vita fantastica anche se non reale, allora la rotta è giusta.
Forse dovremmo farci qualche domanda e sforzarci anche di dare delle risposte.
Per esempio: se facciamo di tutto per realizzare l’Intelligenza Artificiale perché quella umana non è sufficiente, perché continuiamo a imitare quest’ultima?
La risposta viene da sè… (o no?).

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Un’altra potrebbe essere: cosa significa ‘computer science’?
Secondo G. Galileo la scienza era una concezione del sapere alternativa alle conoscenze e alle dottrine tradizionali (le favole della chiesa, i racconti della nonna, etc.) perché frutto dell’analisi e della ragione applicata su conoscenze verificabili.
Quindi, di nuovo, cosa significa ‘computer science’ (o ‘data science’ o ‘qualsiasi cosa science’)?
Se si intende tutto ciò che riguarda la parte meccanica (processori, memorie, connessioni di rete) va bene, li c’è scienza (fisica, matematica etc).
Ma per quanto riguarda i software per l’analisi dei dati e le attività che svolgono i cosiddetti data scientist, come si a verificarli e misurarli per attribuirgli un parvenza scientifica?
Genericamente gli algoritmi dell’intelligenza artificiale, comunque pensati da esseri umani, si basano sull’elaborazione di informazioni come ‘big data’ che sono un serbatoio disordinato di dati pescati dalle fonti più disparate alimentate dai comportamenti caotici, irrazionali, illogici, emotivi degli utenti.
Stiamo parlando di dati definibili in quanto dati ma indefiniti nel loro contenuto.
Cioè possiamo stabilire la quantità di dati e anche il loro formato ma cosa poi significhino è … un tiro di dadi.

Se affermiamo che ‘Big Data’ significa un guazzabuglio di dati slegati fra loro senza ratio e organizzazione però è una metodologia scientifica, mi sa che stiamo dicendo una castroneria.
È un po’ come fare l’oroscopo e confondere Astronomia con astrologia.
Insomma alla fine cos’è l’Intelligenza Artificiale?
Forse è solo codice ben scritto (come afferma Sherlock Holmes in una serie televisiva) e l’uso del termine scienza applicato a software, algoritmi, analisi dei dati è solo una pomposa autocelebrazione degli informatici.

Foto di Clker-Free-Vector-Images da Pixabay

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