Gli informatici spesso vivono in un mondo distaccato dalla realtà.
La si potrebbe definire una malattia professionale.
Per chi gestisce i sistemi posta elettronica lo spam (pubblicità indesiderata, social engineering, truffe etc.) è un incubo che comporta una gestione continua, una caccia costante ai server pirati, al controllo di black-list e white-list.
L’evoluzione informatica ha sviluppato sistemi più o meno intelligenti per individuare i messaggi spam; purtroppo questi sistemi non possono essere perfetti quindi riescono a farsi solo un’idea di quelli che potrebbero essere messaggi spam.
In molto casi la rete di controllo dei server, i provider e istituzioni di rete vari (con meccanismi un po’ lunghi da descrivere adesso) riesce a tagliare la spazzatura all’origine.
Il problema è che non tutti i messaggi individuati come spam sono tali.
Per ovviare a questo problema i sistemi di gestione hanno vari approcci.
Il più semplice, efficace e gestibile da parte dell’utente è una cartella SPAM dove vengono spostati automaticamente i messaggi, così come sono, in modo che si possano controllare ed eventualmente rimetterli nella cassetta ‘posta in arrivo’ perché normali.
Ci sono, invece, gli scienziati un po’ “pierini” che pensano bene di inserire automaticamente e irreversibilmente nell’oggetto una dicitura del tipo “SPAM” per vedere subito i messaggi sospetti.
Il problema di questa soluzione, abbandonata da tempo da quelli bravi, è che se un messaggi si rivela ‘buono’, ti resterà per sempre in archivio con la dicitura [SPAM]. E se a questo aggiungi la pigrizia umana, ti ritrovi le risposte con la stessa dicitura in oggetto e anche queste finiranno in archivio con la dicitura SPAM.
Sarebbe il caso che chi sceglie questa soluzione cambi mestiere perché è evidente che non è collegato con il mondo reale.